vOglia



An art exhibition by Joseph Nechvatal
at Claudio Bottello Gallery


via Bogino 17, Torino, Italy


www.claudiobottello.com

25/11/2010 – 10/01/2011



L'americano Joseph Nechvatal, teorico della Computer Viral Art - arte che coniuga informatica, biologia e matematica - espone i suoi lavori nella galleria Claudio Bottello Contemporary. Curata da Giancarlo Pagliasso.










Joseph Nechvatal :: vOglia


di Giancarlo Pagliasso



Le radici teoriche del lavoro di Nechvatal sono
arguibili fin dai suoi esordi sulla scena di New
York all’inizio degli anni ’80, quando cominciò ad esporre presso la galleria Nature Morte, divenendo
ben presto un artista di riferimento per la coppia di critici Collins & Milazzo, che
all’epoca detenevano il ruolo di Taste-Makers nel rilancio dell’arte americana, di matrice
neo-concettuale, in opposizione alla declinazione delle istanze post-moderne operata dal
Neo-Espressionismo e Transavanguardia europei.
Un suo quadro, Take the Power (1982), figura infatti
come copertina del catalogo della mostra Natural Genre, tenuta nel Museo dell’Università
di Tallahassee (1984), in cui Collins & Milazzo intendevano fare il punto sullo stato di salute
«della nuova arte concettuale negli Stati Unti».
L’opera, a grafite e olio, incorpora referenze pittoriche botticelliane a textures graffitate che
suggeriscono, come recita il catalogo, attraverso «la graziosa e intricata veste dell’intrattenimento
segnico… la realtà del terrorismo biologico», in quanto all’immagine deformata si affianca
una campitura di colore rosso che può subliminalmente
rimandare all’ibridazione ‘malata’ e ‘virale’ tra natura e cultura. Con mezzi ancora
tradizionali, l’artista operava già nella direzione delle contaminazioni figurali complesse che comincerà a sviluppare di lì a poco utilizzando
il computer. Tra i primi a cimentarsi con questo mezzo come supporto espressivo, egli perfeziona le proprie competenze tecniche nei due anni
(1991-93) trascorsi come artista residente ad Arbois (Francia) presso l’atelier Louis Pasteur e la Fondazione Ledoux per la ricerca sui programmi
informatici di Arc et Senans. La risultante degli studi francesi è la messa a punto di un progetto
per la creazione di un programma in grado di generare un virus capace di intaccare (trasformandole)
immagini sintetizzate in precedenza digitalmente.



Questo background di competenze gli permette di riformulare
in termini più stringenti la sua poetica, la
cui incubazione parte dalla raccolta di saggi Collected
Essays (Parigi, Ed. A.Candau, 1990) e trova un primo
sbocco nella focalizzazione del concetto di Viractuality,
termine da lui inventato per significare la fusione
del virtuale con il corporeo-reale. Tale condizione,
per lui in antitesi al pessimismo di Baudrillard, è lo sfondo trascendentale dal quale può germinare
un nuovo tipo di cultura, generatrice di coordinate spazio-temporali e interazioni sensoriali e cognitive
inusitate rispetto alle prospettive della società preinformatica,
che l’arte è chiamata a sostanziare di immaginario figurativo adeguato. A tal fine, Nechvatal
si impegna a partire dal nuovo secolo per attrezzare concettualmente il proprio vocabolario critico,
complice l’incontro con il programmatore Stéphane
Sikora, anche in termini matematico-scientifici
e non solo filosofici. La teoria del caos, in cui fisica,
biologia e matematica interagiscono sinergicamente, gli offre il supporto categoriale ed epistemologico,
con il post-strutturalismo e la Cyber Culture, per
esplorare un’estetica della vita artificiale virale che
viene a costituire, dal 2002 in poi, l’oggetto della
sua produzione creativa. L’utilizzo di virus informatici sempre più sofisticati per annichilire e ricreare
le immagini smette di cadenzarsi come rimando metaforico,
confinato solo alla sfera artistica, del proliferare
morbigeno di agenti patogeni su tessuti organici,
per‘sondare’ invece la possibilità sinestetica di visualizzazione ‘biologica’ del procedere naturale
degli attacchi al corpo delle figurazioni infettate.



Con trasferimento metonimico, questo corpo figurale abbraccia la massa sterminata dell’immaginario
prodotto dalla nostra società della simulacralità spettacolarizzata, che si tratta di riportare alle
condizioni di indeterminatezza primitiva o ‘eccesso latente’ allo scopo, come spiegato dallo
stesso Nechvatal nel suo ultimo libro, di «indebolire
le nette distinzioni fatte falsamente finora
tra i simulacri e l’immaginazione in luogo di negarle
allo stesso tempo e di ricombinarle spontaneamente
» ( Towards an Immersive Intelligence, New
York, Paris, Turin, Edgewise, 2009, p.93).



Tale decostruzione-riformulazione iconografica è
ben esemplificata ora nella mostra voglia, presso
la galleria Claudio Bottello Contemporary, il cui titolo è già indicativo della voracità, quasi da
appetito sessuale, con cui procede il virus nel disgregare costrutti immaginali digitalizzati, composti
da stratificazioni di parti del corpo umano, e della nuova traccia che riesce ad incidere su
questi (si pensi ai nei del neonato trasmessigli dalla presunta insoddisfazione alimentare della
madre) a distruzione avvenuta. Le opere in visione, stampe digitali degli anni
2002-2006 e il dvd Viral Venture (2009), con musiche
di Rhys Chatam, illustrano al meglio il senso del suo lavoro e, dati i soggetti (organi sessuali,
occhi e sfinteri), pure il suo debito verso Bataille, del quale attualizza concretamente le suggestioni
teoriche di excès e dépense per indurci a riflettere, attraverso il rutilante mondo in trasformazione
che propone, sull’esigenza di guardare la realtà con occhi nuovi e più accorti.


















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